Ho conosciuto Elisa… anzi non ho ancora conosciuto Elisa dal vivo al momento in cui scrivo questa intervista. Ma ci siamo conosciute su Instagram, perché il bello della quarantena è che mi sta facendo conoscere persone ultra-interessanti! Non ricordo se io ho iniziato a seguire lei o il contrario, ma l’ho scoperta a inizio 2020 quando Virginia faceva le sue ricerche per l’articolo sulla mobilità sostenibile a Torino. Poi ho scoperto che amava la bicicletta ancor più di me e che si prendeva cura di Torino e di noi ciclisti. E così dopo una lunga stalkerizzazione su Instagram siamo diventate amiche.
Il patto è semplice: io consiglio ricette a lei – lei consiglia articoli di mobilità a me e mi spinge avanti sulla sostenibilità!
Ma ora veniamo alla nostra chiacchierata. Ero curiosa di conoscerla meglio e di sapere da lei la situazione della mobilità ciclabile a Torino.
Il tuo posto preferito di Torino è:
il lungo fiume. Di Torino mi piace la varietà di ambienti, il carattere che ogni quartiere sa esprimere e la bellezza delle vie e delle piazze.
Ciao Elisa, conosciamoci meglio!
Sono Elisa e parlo spesso di bici. Questo riassume bene la mia presentazione. Andando invece un po’ più a fondo. Sono nata nel 1981, sono cresciuta ad Alba, tra Langhe e montagne cuneesi, e sono venuta a Torino a studiare Scienze internazionali e diplomatiche, con indirizzo economico e cooperazione internazionale.
Ho fatto qualche breve esperienza con ONG all’estero, poi ho capito che il mio ruolo era qui, tra attivismo e comunicazione. E così ho iniziato a lavorare nel terzo settore, associazioni, ONG, occupandomi di progetti sociali, di comunicazione e soprattutto negli ultimi anni di ufficio stampa.
La bici è sempre stata un mezzo di trasporto, è diventato il mio mezzo principale nel 2008. E da lì ho iniziato ad appassionarmi, a considerare la bici non solo il mezzo più efficiente per muoverci in città, ma anche un atto politico (come per me il cibo 😉 ).
Nel 2013 ho iniziato come professionista ad occuparmi dell’ufficio stampa dell’associazione Bike Pride Fiab Torino per l’organizzazione dell’annuale parata, per difendere i diritti dei ciclisti e per proporre proposte tecniche alle amministrazioni. Ma il mio ruolo non è mai stato unicamente da professionista, quanto attivista. Da dicembre sono diventata presidente dell’associazione.
Sono poi parte del Comitato Torino Respira, impegnato per il miglioramento della qualità dell’aria a Torino. Coordino un progetto sociale, StessoPiano, e come libera professionista mi occupo di ufficio stampa e strategie di comunicazione digitale. Sono co-fondatrice di una società di trasporto a bordo di risciò, Bici-t-.
Come nasce la tua passione per la bicicletta?
Elisa: Sin da bambina, ad Alba, in famiglia abbiamo sempre avuto biciclette, che crescevano insieme a noi. Mio padre per esempio ne ha sempre avute due, una da “festa” e una che usava per andare nell’orto e ci caricava le cassette di verdure (che bello era avere l’orto vicino a casa!).
Io da adolescente la usavo per andare agli allenamenti di atletica o per andare a scuola. Insomma, senza accorgemene la bici è sempre stata di casa.
A Torino ho iniziato ad usarla come quasi unico mezzo di trasporto dal 2008, allora vivevo ancora in periferia e mi muovevo con uno scooter. quando me l’hanno rubato ho detto “basta, ora userò solo la bici”. E così ho iniziato a macinare km in giro per la città. Di bici ne ho cambiate diverse. Ora mi muovo con una vecchia Bianchi con i freni a bacchetta. che adoro.
Da qualche anno ho iniziato anche a viaggiare in bici e farci sport, con una gravel, per il solo e unico piacere di pedalare, di faticare e sudare in salita e di assaporare l’ambiente circostante.
Quanti km fai a settimana in città? (naturalmente in un periodo normale 😉 )
Elisa: Una parte del mio lavoro è (era) in un ufficio a circa 3 km da casa, quindi un tranquillo tragitto di 15 min. Direi che mediamente in settimana pedalato una cinquantina di kilomentri tra spostamenti per lavoro, commissioni, uscite. E almeno altri 50-70 nel fine settimana per le uscite “sportive”.
Durante il lockdown ho invece pedalato in casa sui rulli. E per qualche centinaio di metri una volta a settimana per fare la spesa…
Nella tua città ideale…
le persone tornano a riappropriarsi degli spazi pubblici, non si muore attraversando la strada o pedalando per andare a lavoro o a scuola.
Raccontaci di @bikepride_torino e delle vostre iniziative. Per esempio mi piace molto il progetto Towndem, come sta reagendo la città?
Elisa: Bike Pride è un’associazione che fa parte di Fiab, la federazione italiana ambiente e bicicletta e di Ecf, European Cyclist federation. Ha come missione principale la promozione culturale della bicicletta e lo sviluppo della mobilità sostenibile (mobilità attiva, trasporto pubblico, sostenibilità ambientale e sicurezza stradale), attraverso la sensibilizzazione a vario livello di interlocutori istituzionali, di imprese e di cittadini.
Bike Pride è nata nel 2013, dal coordinamento di associazioni ambientaliste, ciclofficine e attivisti organizzatori dal 2010 dell’omonima parata di biciclette per le vie della città: un momento di festa di chi usa la bicicletta per rivendicare il diritto di pedalare in sicurezza e in libertà che in 10 anni ha portato per le strade migliaia di persone in bicicletta. Nelle edizioni più partecipate, 2013 e 2014, siamo arrivati a 30mila partecipanti. Un grande successo ma soprattutto una grande visibilità, mediatica, a chi ogni giorno pedala in città. Chi vuole partecipare e sostenere il nostro impegno per la mobilità ciclistica, può diventare socio dell’associazione e beneficiare anche dell’assicurazione Rc conto terzi e ricevere la rivista di Fiab, BC. Qui il sito: http://bikepride.net/bikepride-tesseramento/
Towndem è un progetto nato dall’idea di Valentina Marsaglia, Francesca Tabasso e Marco Cimberle, che hanno trasformato la frustrazione e la fatica del pedalare in strade cittadine ancora troppo intasate di automobili in un’opportunità di condivisione e cambiamento.
“Towndem, il cui nome nasce dal gioco di parole “town”, città, e “tandem”, il mezzo per eccellenza della condivisione della pedalata, è un progetto di accompagnamento di chi vorrebbe usare la bicicletta in città ma non sa da dove cominciare. L’idea è molto semplice: condividere la nostra esperienza da ciclisti urbani e aiutare le persone a individuare il percorso più adatto per raggiungere il luogo di lavoro, l’università o i posti frequentati abitualmente, a scegliere la bicicletta per lui/lei più funzionale e l’abbigliamento più opportuno in base alle varie stagioni”.
Il progetto Towndem è stato “adottato” dall’Associazione Bike Pride, per offrire visibilità e supporto organizzativo, visto che condividiamo l’obiettivo ossia portare sempre più persone a scegliere la bicicletta, perchè fa bene a chi pedala e a chi respira l’aria della nostra città, che ricordiamo essere tra le più inquinate d’Europa, e nonostante ancora in tanti non ci credano, è anche più veloce.
La risposta per ora è stata molto positiva, poi l’emergenza sanitaria ci ha imposto di modificare il progetto e trasformare l’accompagnamento in “virtuale”, in attesa di poterlo fare fisicamentefermarci, ma torneremo a pedalare.
La mobilità di Torino deve ripartire dalla mobilità attiva, il progetto Towndem è il nostro contributo per aiutare chi vorrebbe iniziare proprio in questa fase 2 a pedalare. Chi ha bisogno di un accompagnamento può scrivere a info@bikepride.it
Torino è una città fatta per le bici? Che cosa cambieresti? Che cosa invece secondo te va bene?
Elisa: Torino è una città pianeggiante, se non per qualche lieve dislivello e cavalcavia, e ha dimensioni contenute (gli spostamenti medi in città sono di poco più di 3 km, dati Istat), ha poi molti controviali, che potrebbero essere facilmente (ed economicamente) trasformati in zone 30 a priorità pedonale e ciclabile, per fare un esempio. E questo la rende perfetta per muoversi in bicicletta.
[Tant’è che la proposta dei controviali a priorità ciclabile e a velocità massima 20 km/h è stata accolta, seppur con dei limiti dall’amministrazione per la ripartenza in fase 2.]
Serve però ridurre notevolmente il numero delle auto sulle strade, disincentivarne l’uso, con politiche chiare, e dall’altra dare valore e dignità e chi si muove a piedi e in bici, perché ricordiamolo, chi si muove in bici non fa bene solo a se stesso, in termini di tempo, soldi risparmiati e benessere psico fisico, ma anche alla collettività. Più bici, vuol dire meno auto in strada, bus e tram più veloci, costi sanitari in meno. Per citarne alcuni.
Ora invece chi si muove in bici è attaccato da più parti, da chi si muove in auto “perché rallenta” – anche se sappiamo che non è vero, se pensiamo che la velocità media in auto in orario di punta è 8 km/h mentre in bici si tiene tranquillamente la media di 10/12 km/h e non è molto soggetta alle condizioni di traffico – e da chi si muove a piedi, perché “occupa gli spazi per i pedoni”, quando le infrastrutture non vengono pensate per le esigenze di tutti, per esempio le ciclopedonali, che non fanno che alimentare un conflitto tra utenti della strada. Insomma lo spazio andrebbe tolto alle auto e non ai pedoni.
Negli ultimi anni si è finalmente iniziato a dar vita al Biciplan, si sono costruite alcune nuove ciclabili (corso Lecce, via Nizza per esempio) e fatti alcuni collegamenti tra quelle esistenti. Ma manca ancora molto; il mettere a budget soldi per la manutenzione e la sistemazione delle esistenti, per esempio. E una comunicazione chiara e coraggiosa a sostegno delle scelte che si fanno.
La Consulta della mobilità ciclistica e della moderazione del traffico, di cui Bike Pride fa parte, insieme ad altre 15 associazioni, sta lavorando molto con proposte per la mobilità della fase 2. Tra queste i controviali a priorità ciclabile, con arredi e dissuasori per ridurre la velocità, le pedonalizzazioni anche nelle periferie per facilitare il commercio di prossimità e nelle aree del mercato, l’incremento di archetti, ecc…
Quante persone oggi si spostano in bicicletta?
Elisa: E’ difficile dare un numero preciso, ma siamo intorno al 5%. Sicuramente un dato in crescita, che si percepisce pedalando. Ma ancora troppo basso.
Su alcune ciclabili si è iniziato a tracciare i passaggi. I dati sono qui.
C’è però differenza tra la situazione del centro e quella delle periferie, dove pedalare in sicurezza è ancora più difficile.
E’ importante aumentare il numero delle persone che si muovo in bicicletta perché secondo la teoria del “safety in numbers” all’aumento del numero di persone in bicicletta, si riducono gli incidenti e la loro gravità. E sappiamo che il principale motivo per cui non si usa la bici, anche se si vorrebbe, è la percezione della sicurezza in strada.
Non a caso quando si costruiscono nuove ciclabili, aumenta il passaggio su quelle strade.
Se costruisci città per le auto, avrai auto, se costruisci città per le persone avrai persone.
Quali interventi faresti per aumentare i numeri di chi va in bicicletta a Torino?
Elisa: Servono infrastrutture. Non bastano le parole. Per fare alcuni esempi: ciclabili su vie ad alto scorrimento, controviali che diventano zone 30 e condivise con priorità per chi è in bici e a piedi e il transito ridotto per chi è in auto a bassa velocità e solo per i residenti, per posteggiare o svoltare a destra, pedonalizzare le vie davanti alle scuole.
Ridurre la velocità vuol anche dire ridurre le collisioni e gli incidenti mortali sulle strade.
Per disincentivare l’uso dell’auto, si deve offrire e costruire un’alternativa e rendere sempre più costoso e difficile usare il mezzo a motore privato.
Non è questione di sostenere chi decide di usare la bicicletta, ma di avere chiara una visione di città e la lungimiranza di comprendere e tradurre in politiche che una città costruita per le persone è una città in cui il benessere è della collettività, del commercio locale e di prossimità, dei bambini che possono tornare a giocare in strada.
L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ci porta a riflettere necessariamente sulla nostra mobilità e su quella che dovrà essere la mobilità del “dopo”.
La bicicletta non sarà per tutti? Ma per molti sì. Sostenere sin da ora la possibilità di effettuare gli spostamenti in sicurezza a piedi, in bici, con e-bike e in monopattino significa lavorare a beneficio della collettività ed evitare di spostare chi prima usava i mezzi pubblici – e che saranno almeno in un primo momento ad accesso contingentato – all’uso dell’auto privata.
Non possiamo permetterci una mobilità che torni a mettere al centro l’auto, perché lo spazio è saturo, la qualità dell’aria tornerebbe ad essere sopra i limiti consentiti dalla legge, con i conseguenti rischi sulla salute dei cittadini e perché abbiamo bisogno di promuovere l’attività motoria anche attraverso una mobilità attiva – a piedi o in bici -.
Bike Pride insieme alle altre associazioni della Consulta Mobilità Ciclistica e Moderazione del Traffico sta chiedendo alle istituzioni di sostenere sin da ora una mobilità che permetta il distanziamento fisico delle persone, ma non quello sociale, che restituisca lo spazio pubblico ai cittadini, valorizzi il commercio di prossimità e le consegne con bici e cargo.
È una riflessione che tante realtà stanno facendo a livello nazionale e a livello locale. E mentre in Italia la bicicletta non è stata contemplata come mezzo di trasporto nei vari decreti e le ciclofficine non sono state incluse tra le attività necessarie, lasciando alle singole realtà l’eventuale richiesta di tenere aperto, città come New York, Bogotà, Berlino hanno creato delle ciclabili temporanee per facilitare l’uso della bici per chi deve muoversi per necessità o lavoro. Dobbiamo fare in modo che quando potremo di nuovo uscire, sarà a beneficio di tutti.
Un grazie speciale a Elisa
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