Il Ciabot San Giorgio è uno di quei posti dove perdere la cognizione del tempo e non pensare a niente. Dove tornare a sincronizzare i battiti con ritmi più lenti. Dove il sole picchia forte, ma anche il vino sa difendersi bene. Il mangiare, a volte, arriva sopra alle tegole dei tetti. E tutt’attorno non cresce solo uva, ma anche pere, albicocche, pesche, fragole e nocciole. Un luogo dove le parole a un certo punto diventano semplicemente sguardi sulla campagna. E dove comitive di tedeschi, amici di una vita, e coppie di fidanzati finiscono a condividere per qualche ora un piccolo lembo di prato. Uno di quei posti che sembra non esistere. Eppure, esiste, e meno male che esiste!
Ciabot San Giorgio
Regione Bordoni Bassi, 37 | Monteu Roero (CN)
Gio – Lu | 17 – 23.30
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Tre motivi per andare al Ciabot San Giorgio
- Perché un posto così non lo si trova facilmente.
- Per mangiare piatti semplici ma estremamente legati al territorio, e accompagnarli con i migliori vini del Roero.
- Perché è quasi come mettersi a fare un picnic tra le vigne, ma più figo.



Il Roero è una figata – semicit.
Una delle puntate della prima stagione di Fermento che ricordo come tra le più divertenti è quella dedicata al Roero, insieme a quella banda di scapestrati di Alberto Oggero, Stefano Occhetti, Federico Almondo e Luca Faccenda. Lo dice Luca all’inizio della puntata, “il Roero è una figata”; e io, ogni volta che ho l’occasione di passare da queste colline, finisco sempre per pensare che sì, Luca ha ragione sul serio, e il Roero è proprio un gran figata.
Ha ragione per tutta una serie di motivi. Un po’ perché, non essendo ancora stato travolto dalla fiumana di turismo enofighetto che quasi ogni giorno si riversa nelle vicine Langhe, conserva quell’animo allo stesso tempo burbero e spaccone di queste terre di grandi – grandissimi – vini. In più, perché oltre alle vigne che disegnano i profili delle colline, ti accoglie un vasto universo agricolo, fatto di noccioleti, alberi da frutto, boschi e aspri pendii che si snodano come canyon di terra erosa dal tempo. E infine perché i Nebbioli di Roero spaccano duro, senza spennarti il portafoglio come i vicini langhetti.


Il Ciabot San Giorgio si trova ben piantato sul picco di una collina di vigne, a Monteu Roero, a nord-ovest della regione. Cinquanta minuti spaccati, traffico permettendo, dal centro di Torino. Non pensate però di poterla improvvisare. Che anche se non siamo in Langa, da metà primavera ad autunno inoltrato (periodo in cui rimane aperto) il Ciabot è meta di assidui e devoti pellegrinaggi enogastronomici. E per trovare un posto, conviene prenotare con buon anticipo. Parola mia e della Vale, che mi ha accompagnato in questa scoperta.
Il sogno di Giuseppe: tra vino e ristorazione
Il Ciabot San Giorgio è il sogno di Giuseppe Negro, uno dei fratelli dell’ultima generazione di una storica famiglia di produttori di vini in Roero: la Cantina Angelo Negro. Giuseppe, infatti, pur continuando a lavorare in cantina con la sua famiglia, fin da piccolo è cresciuto con la passione per l’accoglienza e la ristorazione.
Così, alcuni anni fa, animata dall’entusiasmo e dall’esuberanza dell’istrionico Giuseppe, la famiglia Negro ha deciso di ristrutturare un vecchio casotto (in dialetto piemontese, ciabòt) che dominava la sommità di una collina dove avevano una parte dei loro vigneti. E trasformare questo luogo in una struttura dove accogliere chiunque abbia voglia di scoprire e conoscere le terre del Roero. Un tempo piccola borgata difesa da un piccolo castello medievale, adesso è una terrazza naturale sui vigneti. Ristoro raffinato e verace dove mangiare e bere i prodotti di questo territorio. Perché qui, la regola aurea è una e una soltanto: tutto quello che viene proposto nel menù deve parlare del Roero, dagli Arneis ai Nebbioli, dai salumi ai pesci di fiume e di lago, dai formaggi fino alle fragole.






Ciabot San Giorgio: Vinelli, anguilla e tanto tanto sole
Con Vale arriviamo al Ciabot intorno a mezzogiorno. Alto sopra di noi uno strato di nuvole grigie promette segni di temporale. Ma bastano un paio di sbuffi di vento, giusto il tempo di ordinare da bere, che il sole fa capolino in mezzo al cielo puntando dritto alla mia faccia biancastra. A fine giornata, ne avrò pure la peggio: uscendone con una tintarella da peperone di Carmagnola al forno. Quindi badate bene: se venite al Ciabot San Giorgio per pranzo, munitevi perlomeno di cappellino e crema solare.
E mentre il sole rosicchia centimetri della mia pelle, io e Vale ci rinfreschiamo con l’Arneis Bricco delle Ciliegie di Giovanni Almondo, in una 2021 tesa e fragrante nei suoi aromi freschi di frutta tropicale, appena contornati da quella scia minerale idrocarburica, promessa di grande longevità. E se il sole picchia duro, anche il vino non è da meno. Così, partiamo subito mirati all’assaggio di alcuni dei piatti più rappresentativi del Ciabot. Cominciamo con un “cup”, una selezione di salumi e formaggi nostrani servita su un insolito tagliere: il coccio di una tegola da tetto. Poi viriamo entrambi decisi su due piatti di pesce che esprimono delicatezza ed eleganza, oltre a un’ormai chiara coerenza territoriale: anguilla affumicata per me, e tinca di lago per Vale: pesci from Roero, in qualche modo, per quanto uno possa stentare a crederlo.
Il crescendo è arrivato al culmine. Ma ce la prendiamo comoda: finiamo i nostri ultimi bicchieri di Arneis, mentre ce la contiamo. Di fianco a noi un tavolo di tedeschi che hanno alzato più di un gomito: sono più rossi di me; penso. Mi consolo, così. E intanto con Vale ci godiamo il paesaggio senza tempo del Roero. Giusto il tempo del dolce: io vado di torta di nocciole con gelato al fior di panna, Vale prova un dolce con fragole e cioccolato, liberamente ispirato al tiramisù.
E con un ultimo bicchiere di Birbèt, un vino dolce aromatico di questa zona, non ci resta altro che sognare il nostro prossimo ritorno al Ciabot.
All images © 2020 Andrea Borio
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