Non so se sia una cosa solo mia o se succeda anche ad altri. Perché succeda, però, ci va qualche tipo di legame personale con il Monferrato, altrimenti il gioco non funziona. Il fatto è che quella parte di colline che si arrotola tra Nizza, Canelli e poi scivola verso Acqui, io non sono sicura che esista. O meglio, è vivissima nella mia mente, ma non so mai per certo se ci sono stata davvero, se l’ho letta e sottolineata sulle pagine di Pavese o se faccia parte di quel bagaglio di ricordi che ci si tramanda di generazione in generazione, acquisendo i toni della saga famigliare. E se ci son stata da bambina conta? Perché quelli son tempi in cui i luoghi si colorano della luce bianca dell’estate monferrina, ma si confondono tra le sigle dei cartoni e le labbra appiccicate di gelato.



Anche questa volta, diretta a Calamandrana, mi son persa tra le vigne, tra il cielo che si fa giallo della terra sabbiosa smossa dai contadini, sotto il sole atroce di luglio, dubitando se fosse ancora il 2023, con la connessione persa appena lasciata la strada principale. In questa mistica cappa di caldo spietato, appare il miraggio. Almaranto Boutique Hotel & Relais.
Almaranto non è solo un hotel, ma il progetto di vita di Alexa e Markus
Sono qui per conoscere quello che è il progetto di vita di Alexa Schulte e di suo marito Markus Schulz. Una coppia tedesca che ha scelto di vivere in Alta Langa dopo una vita passata a viaggiare: Thailandia, Vietnam, Cile, Cambogia, Argentina. Verrebbe da chiedersi perché proprio qui, dove non si è più Langa e neppure ancora mare.




Esattamente per questo, mi spiega Alexa, con gli occhi che accarezzano ciò che ci circonda con uno sguardo che, ci giurerei, ha il superpotere di vedere ogni cosa per quella che potrebbe essere e che presto sarà. È così che ha scelto questo luogo, che lo ha acquistato nel 2016 e arredato con un’attenzione maniacale a ogni dettaglio. Lontano dal turismo un po’ invadente delle Langhe più conosciute, completamente avvolto dalla magia selvaggia delle colline e circondato da prodotti eccellenti e produttori ancora poco conosciuti: che si tratti di formaggi, succhi di frutta, marmellate o farina macinata direttamente al mulino in fondo alla strada, sono i dettagli che hanno portato qui questa versione apparentemente semplice di lusso.
Del resto lo dice anche il sito che, qui, il vero lusso sta nello spazio. Quattro suite e diciannove stanze, ognuna pensata per lasciar respirare i visitatori, che si tratti di un pezzo di giardino privato o di una terrazza con affaccio sulle colline. Siamo nella suite Giardino, con vasca da bagno che troneggia nel salone, il salottino in velluto verde e un paesaggio a grandezza naturale al di là delle enormi finestre a scorrimento. Potrei passare la giornata qui a godermi la luce che cambia là fuori, se non ci fosse da provare la piscina (a cui si può accedere anche con un pacchetto giornaliero che a 39 euro offre tutto il comfort del luogo e include 20 euro da spendere al bistrot, Anima).




Adagio, il nuovo ristorante gourmet
Sì, perché se è vero che il resort è attivo dal 2021, il motivo per cui sono qui è il cibo. Il progetto di Alexa e Markus è una visione a lungo termine in cui si incastonano vari mattoncini di eleganza e l’ultimo è il ristorante gourmet Adagio. Ne parlo con lo chef, Mario Maniscalco, giovane, deciso e pieno di idee, mentre si avvicina un temporale estivo, il cameriere ci fa assaggiare un Alta Langa della fornitissima cantina e Alexa ci vieta di mangiucchiare gli stuzzichini di aperitivo: ci aspetta una degustazione a 5 portate, avverte.





Mario risponde alle mie domande, ma in realtà mi fa pregustare i suoi piatti. Di origine siciliana, cresciuto in Monferrato, formato a Londra, ha deciso di tornare perché, come spesso accade, è la lontananza che fa capire il significato della parola “radici” e così, tra le cucine londinesi, ha scoperto che è qui che si sente a casa. È qui che ci sono quei prodotti eccellenti con cui vuole lavorare.
Cucinare, per Mario, significa avere le mani in pasta, come sua madre, panettiera che gli ha instillato il desiderio di fare di quest’arte un mestiere. Ma poi c’è qualcos’altro, si capisce da come parla dei suoi piatti, da come è facile leggerglieli in faccia mentre li spiega, immaginando le procedure, i sapori e tutte le idee che si portano dietro. Dentro ci stanno il mare della Sicilia, la terrosità del Monferrato, la libertà di Londra e la consapevolezza di chi sa che il cibo è una risorsa sempre più preziosa e va trattata con rispetto, prediligendo le scelte a basso impatto ambientale.



Insomma cosa abbiamo mangiato da Adagio?
Ci sono tutti gli ingredienti della tradizione, ma non troverete piatti comuni. Plin e tajarin nei dintorni non mancano, per cui se venite qui sappiate che vi aspetta qualcosa di diverso.
Ci sono stati presentati due menu importanti: Incontri (a base di pesce) e Riflessi della terra (un percorso dove non si segue la tradizionale scansione di antipasto, primo e secondo, ma dove ogni piatto è definito da un elemento principale, attorno a cui ne vengono sapientemente accostati altri).
Ci prende per la gola un benvenuto servito come un high tea inglese, dove dalle tazzine si sorseggia gazpacho e sui piattini sono servite capesante, polpette di carbonara e tonno crudo. A seguire incuriosiscono le reinvenzioni dei grandi classici di zona, come Tonnada, una variante (esteticamente incredibile) dell’insalata russa, con tonno pochè su crema di insalata russa alla vaniglia, croccante di cappero, prosciutto di tonno rosso, jus di ristretto di vitello e maionese all’acciuga.



Ma la vera idea di cucina di Mario si spinge oltre ed emerge chiaramente in piatti interessanti come Gambero e Torre (una collana di bottoni al nero di seppia ripieni di formaggio Torre e nocciole, bisque di gamberi rossi di Marzara, gambero marinato al lime e aria di nocciola). O ancora di più nel menu Riflessi della terra, dove ogni piatto è un microcosmo che non si piega alle aspettative: un suggerimento, fate molta attenzione alle parole della maitre. Quando dirà “quinta corsa” e non dessert ci sarà un motivo, no spoiler, ma lasciate divertire le vostre papille gustative e non frenate l’immaginazione. Il mio preferito al momento è 8-octo, un polpo cotto a bassa temperature e poi scottato, purea di pastinaca, fava verde e nespola in carpione (perché non l’ho mai mangiata prima? Viva la nespola in carpione!), ma il menu cambia in base alla stagionalità per cui c’è sempre posto per nuove new entry.
La maggior parte degli avventori di Amaranto è composta da tedeschi e svizzeri, frequentatori della zona per degustazioni o per i corsi di cucina che si possono tenere nella struttura presso Adagio Accademia. Ma se passate in queste terre aspre, il bistrot Anima è sempre aperto, mentre Mario Maniscalco non vedrà l’ora di stuzzicare la vostra fantasia con i suoi piatti.
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