Mi piace pensare che nelle geografie urbane che ogni giorno abitiamo, ci faccia comodo – per saperci orientare meglio – costruire un reticolo mentale che accolga i nostri luoghi del cuore. Quella piazza, quell’angolo di vie, quella panetteria, quel locale, quel parco, quel caffè che a modo loro tengono traccia del nostro andirivieni per la città. Una mappa in costante stato di estensione, ma che continua comunque a girare attorno a questi luoghi: come punti di un passaggio obbligato, segnali per i nostri eterni ritorni, rifugi dove andare quando la vertigine ci prende alle ginocchia, o quando non vogliamo nient’altro, posti dove portare gli altri, o dove fermarsi da soli a riprendere fiato: dove, semplicemente, stare. Le nostre città – e con loro i nostri itinerari – prendono forma a partire da questi luoghi. O, almeno, così mi piace pensare.
E da un anno a questa parte, Sorso è velocemente entrato nelle mie geografie urbane.


Un Sangiovese d’Emilia e un Gamay di Borgogna
Sorso è una vineria piantata sulla verticale della Mole Antonelliana: nell’elegante e austero centro storico torinese. Un quadrato di città, tra via Po e Corso Vittorio, conteso tra i figli della Torino Bene, e quelli che – come me – da anni fanno la spola tra San Salvario e Vanchiglia.
Era esattamente un anno fa quando sentii parlare per la prima volta di Sorso. Era una vineria che aveva aperto da poche settimane. Io, a mia volta, mi ero appena trasferito in una casa in cui non sarei resistito più di un anno e cercavo nuovi posti dove tirare a fare tardi e mettere in pratica gli insegnamenti dell’AIS. Ci andai una sera di inizio novembre insieme a un paio di amici. Bevemmo un Sangiovese d’Emilia e un Gamay di Borgogna: due vini che avrei poi capito rappresentare proprio quel tipo di gusto che mi piace ritrovare in certi vini che bevo.
Poi, col tempo, da Sorso ci sono tornato spesso. Ho conosciuto meglio Veronica e Andrea, i due proprietari e questo posto si è fissato tra le tappe fisse dei miei itinerari notturni.


Sorso, una vineria artigianale
Dopo anni di esperienza nella ristorazione torinese, Veronica e Andrea – coppia nella vita oltre che nel lavoro – hanno deciso di aprire un loro locale in cui portare avanti la loro idea in fatto di cibo e di vino. Perché Sorso è, a tutti gli effetti, la sintesi di un visione laterale attorno alla ristorazione: un luogo dove puoi fermarti per un calice alla veloce, o dove restare più a lungo, tra una bottiglia, una crescia e un tagliere di formaggi selezionati.
Sorso è un locale che ti sa accogliere in un ambiente intimo e informale, dove sentirsi a casa. In mezzo ai tavoli della sala, Veronica si muove agile tra le proposta di etichette in vendita, senza limitarsi a descrivere le caratteristiche di naso e di bocca dei diversi vini, ma raccontandoti le storie dei produttori e gli aneddoti dietro ad alcune bottiglie. Epico – per ricordare un esempio – il racconto del loro viaggio nell’Europa dell’est della scorsa primavera, da cui fecero ritorno a Torino con più di una cassa di rari macerati della Repubblica Ceca.
Sorso è chiaramente schierata sul versante dei vini cosiddetti “artigianali/naturali”: e questo è un dato da tenere in considerazione (sia che voi siate amanti del genere, sia che non lo siate). Tuttavia, c’è nella sensibilità enoica di Veronica una straordinaria capacità di portarti alla scoperta di vini che – pur nella loro caratura artigianale – sanno distinguersi per pulizia e territorialità. Elementi che – come ha recentemente scritto Jacopo Cossater in un articolo per Cibo – sono spesso vacanti (se non addirittura banditi) in quei molti wine bar modaioli che – anche a Torino – “hanno snaturato il vino naturale”. Ma qui si aprirebbe una voragine, e vi rimando alla lettura dell’articolo di Cossater, se mai voleste approfondire.



Una crescia a Torino, e non solo
Ad accompagnare la selezione di vini di Sorso ci sono le proposte gastronomiche che Andrea prepara in cucina. E a tenere banco sono soprattuto le cresce, un prodotto da forno tipico del Centro Italia (tra Marche e Umbria), simile per gusto e consistenza alle piadine, ma più sostanziose rispetto alle cugine romagnole, dal momento che presentano nell’impasto, anche le uova e il latte. Da Sorso, la farcitura delle cresce cambia periodicamente a seconda delle disponibilità stagionali e dall’inventiva di Andrea. Presenti sia in versioni carnivore che in versioni vegetariane.
Ma “non di sole cresce… si vive” (semicit.), e tra le scelte delle stuzzicherie da abbinare al vino nell’ultimo periodo hanno fatto il loro ingresso anche altri piattini particolarmente interessanti. Come il serenissimo baccalà mantecato o il più sabaudo pane burro e alici; passando dai paté di legumi allo speck altoatesino; fino ad arrivare a un tagliere di formaggi franco-piemontesi capaci di far dimenticare del colesterolo anche il più ferreo dei salutisti.
Ma adesso basta parole: sparatevi qualche foto di Mirko, per iniziare a salivare per bene…




Come vi dicevo all’inizio di questo articolo, tra le geografie urbane dei miei itinerari quotidiani, da un anno a questa parte c’è anche Sorso: la vineria dove – quando posso – mi piace fermarmi. Prima di entrare mi fermo un pò fuori, guardo l’ombra lunga della Mole che sembra quasi arrivare fino qui. Penso allora a questa strada, che, quando studiavo a Palazzo Nuovo, facevo ogni mattina. (beh, adesso ogni mattina no; non esageriamo: studiavo lettere a Palazzo Nuovo).
E penso soprattutto che, sì, adesso ho un altro motivo per continuare a passare di qui.
All images © 2023 Mirko Mina
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