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Le Cinque Terre come non le avete mai viste: il vino di Possa

Andrea Borio Pubblicato il 1 Luglio 2024
Cinque Terre Vino

È stato chiacchierando con Greta che ho sentito per la prima volta parlare di Samuele Heydi Bonanini, titolare dell’Azienda Agricola Possa, che da vent’anni produce vino alle Cinque Terre. Era un anno fa, stavo attraversando a piedi il sentiero Verde Azzurro, e mi trovavo a Riomaggiore. Avevo gli occhi pieni di scogli, scalinate e soprattutto degli straordinari vigneti che punteggiano di verde le pareti delle Cinque Terre. Cercavo un modo per conoscere meglio quei luoghi attraverso il sapere delle persone che li abitavano, attraverso il sapore dei loro cibi e dei loro vini.

«Possa è il posto migliore per capire le Cinque Terre… oltre che i suoi vini, ovviamente», mi aveva detto Greta.

Io me lo ero segnato su chissà quale pagina della mio diario di vita, perché in quei giorni di vagabondaggi liguri non avevo avuto granché tempo da dedicare a questo tipo di esplorazioni. E poi è successo che, alcune settimane fa, mi sono ricordato di quell’incontro e di quelle parole. Così, ho scritto a Samuele, e sono finalmente andato a trovarlo.

Fare vino nelle Cinque Terre

Da millenni la viticoltura eroica modella i fianchi scoscesi delle scogliere di questa regione. Un territorio fragile e prezioso, dove da sempre gli abitanti strappano alla roccia e alla macchia mediterranea piccoli brandelli di terra coltivabile. Terrazzamenti verticali sostenuti da muretti a secco, sferzati dalle forti brezze marine e seccati dal sole del Levante ligure, dove prosperano oltre agli orti, i fiori e le piante aromatiche, anche fitti e stretti filari di vite.

Le varietà più caratteristiche di questa regione sono il Bosco (nomen omen, che allude alla natura selvatica di queste uve), l’Albarola, e il più conosciuto Vermentino (tutte e tre a bacca bianca). Questi tre vitigni concorrono – in blend o in uvaggio – alla denominazione Cinque Terre e Cinque Terre Sciacchetrà DOC. Oltre a questi, esistono altre varietà autoctone come il Rossese Bianco e la Bianchetta Genovese per le bacche bianche, e il Canaiolo e il Bonamico per le bacche nere.

Noti fin dai tempi dell’Impero Romano, i vini delle Cinque Terre si distinguono per la loro verve minerale, infusa dai costanti venti salmastri. I vigneti terrazzati salgono ripidi dal livello di costa fino a toccare i 900 metri di altitudine, donando alle uve l’escursione termica necessaria per garantire loro freschezza e aromaticità (che qui si esprime in sbuffi di agrumi, fiori dolci ed erbe aromatiche).

L’Azienda Agricola Possa

Samuele ci viene incontro tra le strade di Riomaggiore con un’andatura solenne e pacifica. Ci presentiamo, ha la faccia imbrunita dal sole e la voce mansueta, accordata sul ritmo della cantilena ligure. Dopo un primo scambio di parole, saliamo sulla sua vecchia BMW, e ci inerpichiamo lungo la ripida provinciale che collega le Cinque Terre, fino a Possaitara, il luogo che dà il nome all’Azienda. Un piccolo anfiteatro di costa che guarda il mare verso l’Isola Palmaria dove si trova la parte più consistente dei suoi vigneti.

Insieme iniziamo a camminare lungo il piccolo sentiero che scende costeggiando i filari, la monorotaia che cola vertiginosa verso il livello di costa, e infinite varietà di fiori e piante aromatiche: camomilla, malva, timo, capperi, assenzio, rose, liquirizia, salvia, gelsomino. In un tripudio di profumi che si levano a ogni passo evocando l’antico mediterraneo cantato da infinite generazioni di poeti. Il mare, calmo, si frange sugli scogli sotto di noi, che – all’ombra di un pergolato, mentre un vecchio gatto rosso ci zampetta curioso tra le gambe – ascoltiamo rapiti la sua storia.

L’Azienda Agricola Possa nasce nel 2004, quando Samuele (consigliato dal langarolo Elio Altare) comincia a vinificare le uve coltivate nei suoi vigneti. Le Cinque Terre sono un territorio fragile, ci racconta, i terrazzamenti fanno parte da millenni dell’orografia di questi luoghi. Gran parte del lavoro è stato quello di riunire piccole parcelle di terra che da decenni versavano in totale stato di abbandono. Dietro a questo progetto c’era l’urgente desiderio di prendersi cura del suo territorio e di valorizzare la lunga storia vitivinicola delle Cinque Terre.

Vini di sale

I vini di Possa raccontano a ogni sorso il territorio da cui provengono. Sono legati insieme da un’entusiasmante trama salina che percorre avanti e indietro le pareti del bicchiere: richiamando – oltre alla beva – anche quel mare che il vento perenne alza sulle rocce e sui filari.

Ecco alcuni dei vini assaggiati – in appunti veloci, su pagine sparse:

  • Cinque Terre Bianco, il vino identità di questo territorio, Bosco e Albarola, vitigni cardine delle Cinque Terre. Giovane, slanciato, teso. Macchia mediterranea, pietra bagnata, infuso di gelsomino.
  • U Giancu, “il bianco” in dialetto ligure. Albarola in purezza: una lama. In acutissimo assolo di lime.
  • Parmaea, Vermentino in purezza coltivato su piccole parcelle di terra dell’Isola Palmaria. Un vino solitario, e salmastro.
  • U Veciu, Rossese Bianco vinificato in anfora. Caldo, vibrante e materico. Scorze di agrumi su piante aromatiche di timo, salvia e basilico.
  • Rosé d’Amour, un vino rosato profondo e concentrato, Bonamico e Moscato Rosso, lievemente aromatico e voluttuoso.
  • U Neigru, tra i pochissimi rossi della casa. Uvaggio di Canaiolo e Bonamico: sanguigno.

Il vino dei Papi, lo Sciacchetrà

Capitolo a parte per il più leggendario dei vini di queste terre: lo Sciacchetrà. Un vino dolce passito conosciuto già in epoca medievale come il vino preferito delle corti papali. Un’ambra: teso su bergamotti canditi, pinoli tostati, incenso e cannella, e con una dolcezza che vibra ancora una volta su infiniti allunghi salini.

Lo Sciacchetrà nasce dall’appassimento delle stesse varietà con cui si ottiene il Cinque Terre Bianco DOC, con una prevalenza di Bosco, che dona struttura e profondità. L’appassimento – dopo la raccolta delle uve a piena maturazione – avviene in cassette di legno fino ai primi di novembre. Dopodiché, Samuele chiama a raccolta gli anziani di Riomaggiore (antichi depositari di un sapere millenario), che sgranano a mano i grappoli appassiti, selezionando soltanto gli acini migliori. E scrivendo mi si delinea nitido nella memoria l’immagine di Samuele che imita i movimenti precisi di questa procedura: quasi il tocco virtuoso di un musicista.

Dopo la pressatura, la fermentazione e la macerazione, il vino affina per un anno in piccolissime botti di legno di pero, ciliegio e acacia. E poi in bottiglia, per un tempo che può essere infinito. D’altronde, la tradizione di queste terre vuole che a ogni nascituro venga destinata una partita di Sciacchetrà dello stesso millesimo del suo anno d’età; tale per cui lo accompagnerà in tutti i momenti salienti della sua vita.

Cinque Terre Sciacchetrà Underwater
Menzione d’onore a questa versione di Sciacchetrà che affina ulteriori 9 mesi sott’acqua a 52 metri di profondità, nella baia di Portofino. Bevuto lentamente, mentre le ultime chiacchiere con Samuele si perdevano nelle ultime ore del pomeriggio.

Il tempo di risalire la statale e lasciarsi alle spalle Riomaggiore, che all’ennesima curva ci spunta ancora una volta la Palmaria, all’orizzonte. Costanza fa cenno di fermarmi, per un’ultima foto.

E poi via ancora, chissà dove.

scrivo di vino e di altre cose meno serie. (mi) racconto storie. quando e come posso.

Tutte le immagini sono di © Costanza Brini 2024

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