Articolo di Gloria Matteucci e Alessandro Pistis
Ci siamo accorti di non avervi mai raccontato di LAO, il ristorante cinese aperto da Tina di Oh Crispa! più di un anno fa, quindi siamo qui per rimediare perché è uno di quei posti che proprio non si può non conoscere. Questo ristorante ha sicuramente qualche segreto, non sappiamo se sia magia o una combinazione perfetta dei giusti elementi, ma sta di fatto che dopo esserci stati la prima volta, penserete subito a quando tornarci. Perchè? Per mille motivi, ma soprattutto perché i piatti di LAO vi faranno fare un viaggio culinario di migliaia di chilometri, lasciandovi comodamente seduti al vostro tavolo.
Ad accoglierci è la mitica Tina, personaggio carismatico e pieno di vitalità, seguita ovunque dalla sua cagnolina Luna.



LAO Torino: metti il design del Nord in oriente
Come cita la bio di Instagram, Lao è il fratello di Oh Crispa! e questo legame si nota subito. La qualità e il gusto, sia nei piatti che nel design del locale, discendono dalla stessa famiglia, ed è tutto molto diverso dalla decorazione dei ristoranti cinesi a cui siamo abituati. Ancora prima che del cibo ci siamo innamorati dei tavoli e delle sedie in legno, che regalano una sensazione di accoglienza; delle ciotole e dei piattini.


Tina ci racconta che ha chiamato degli architetti scandinavi per curare gli spazi di LAO e che per la cultura cinese è molto importante rinnovarsi sempre, e così ha scelto di fare con il suo locale. LAO è infatti nato per un’esigenza pratica: più spazio. Ci racconta, infatti, che per quanto abbia sempre amato il progetto di Oh Crispa!, la sua piccola cucina non rendeva possibile la preparazione di alcuni piatti, ecco così la nascita di suo fratello.
Ciò che vi accoglierà sara proprio la cucina a vista in cui gli chef che preparano ravioli e spaghetti a mano davanti a voi, con tutta la loro precisione e velocità. Possiamo solo immaginare quanta abilità ci voglia per prepararne così tanti in così poco tempo.






LAO: istruzioni per l’uso per il pranzo perfetto
Seduti al tavolo, arriva subito del tè caldo che, devo dire, non ci dispiace affatto bere in una giornata così gelida, di cui si può fare il refill tutte le volte che si vuole. Ovviamente noi ne abbiamo approfittato scaldandoci con una seconda dose.
Al momento dell’ordine, il piano era chiaro e definito. Tutti d’accordo nel prendere gli xiao long bao, i ravioli molto simili a degli scrigni (anche metaforicamente), fatti a mano e ripieni di brodo e carne. Mangiarli è più di un semplice atto masticatorio, ma un vero rito che prevede una serie di passaggi, necessari e inevitabili, per goderseli appieno.
Bisogna sollevarli delicatamente facendo attenzione a non romperli (qui è richiesta della pratica), posizionarli nella ciotolina apposita e bucarli con le bacchette per far uscire il brodo, a quel punto è importante bere il brodo caldo (anzi bollente) e solo alla fine, mangiare il raviolo. Niente appunti, tranquilli, le istruzioni sono scritte sul menù.



Dopo i ravioli siamo passati ai biang biang mian, che sono un must! Questi noodles tirati a mano sono speciali. Nulla a che vedere con qualsiasi altro noodle che abbiate già mangiato. Molto più grandi e spessi. Lo so, ho parlato al plurale, ma nella ciotola ve ne sarà servito solo uno, non disperate: è esattamente la quantità perfetta, non uno di più, non uno di meno. Vi avviso però, è lunghissimo, il che potrebbe rendere il mangiarlo abbastanza challenging: proteggete le vostre camicie e magliette dagli schizzi! Lo troverete in due varianti, noi abbiamo scelto quella vegetariana con bok choy, germogli di soia e peperoncino. La carne non ci è mancata per niente. Il contrasto tra pasta morbida e verdure croccanti è semplicemente unico!



Certo, la prima volta ordinate i biang biang mian, ma cercate di non dimenticarvi dei mian. Se pensate che siano dei noodles di serie b, dovrete ricredervi. Quelli con macinato di maiale, piselli gialli e crema di fave, sono convinto stiano ai cinesi come i tajarin stanno ai piemontesi. Insomma, quel piatto che ti fa sentire coccolato e inesorabilmente sa di casa (probabilmente quella di nonna).



Ultima scelta, ma non per importanza, il gong bao ji ding. Pollo tanto buono quanto unto, e decisamente piccante (siete avvisati). Condito con una salsa agrodolce tutt’altro che scontata, arachidi, cipollotto e salsa con fave. L’abbiamo divorato e accompagnato a del riso bianco (per dare un po’ di sollievo alle nostre papille) e al bok choy saltato con aglio. Il consiglio in questo caso è di saltare da una ciotola all’altra, e di divertirvi. Arrivati a questo punto avremmo tanto voluto assaggiare un dolce, ma vi garantisco che, nel nostro stomaco, non c’era neanche il più piccolo spazio.






Il posto di cui avevamo bisogno
La domanda più difficile che potreste farci è chiederci cosa ci sia piaciuto di più. Io (Gloria) vi rispondo: scegliete voi, perché io non ho alcuna intenzione di farlo. Ogni cosa assaggiata oltre che ottima, aveva un’identità ben distinta. I sapori sono autentici, ma questo non vuol dire che siano eccessivamente forti, speziati o piccanti (per la piccantezza, ovviamente, si può modulare a seconda della propria tolleranza).
LAO è il ristorante di cui Torino aveva bisogno. Unico nel suo genere in città. Elegante, ma per tutti. Quello che si desidera da un ristorante quando si decide di mangiare fuori: servizio attento e gentile, porzioni adeguate, piatti con carattere e ben cucinati, in un’ambiente che ci faccia sentire a nostro agio. Ci ha conquistati la prima volta e continua a farlo ogni volta che torniamo. LAO è davvero diventato uno dei nostri posti preferiti in città. Oramai abbiamo sviluppato una nuova voglia: quella di LAO, che è ben diversa dalla “voglia generica di cibo cinese”.
p.s. Se provate i loro dolci, non raccontateci niente, perché come per le migliori serie TV: niente spoiler!
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