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Le bellezze della Ca’ Brütta

Rosa Giulia Luppino Pubblicato il 21 Aprile 2019

Milano, giugno 1922. State passeggiando per Via Moscova quando vi accorgete che hanno appena rimosso le impalcature del nuovo palazzo realizzato dal giovane architetto Giovanni Muzio. “L’è propri una ca’ brütta!” avreste esclamato, come fecero molti dei milanesi in quella tiepida mattina d’estate. Da allora l’edificio è chiamato così, Ca’ Brütta, ma rappresenta un momento importante e rivoluzionario nella storia dell’architettura milanese.

Ca’ Brütta
Via della Moscova 14 | Milano

3 ragioni per andare:
– per conoscere la storia dell’architettura milanese del primo dopoguerra
– i marmi e le pietre della facciata sono stati da poco restaurati
– il palazzo è vicino al Museo della Permanente e ai Giardini Indro Montanelli

Il complesso residenziale della Ca’ Brütta, situato all’angolo tra Via Turati e Via Moscova, è la prima importante opera realizzata dall’architetto Giovanni Muzio nel primo dopoguerra. Nel corso del Novecento Muzio realizzerà a Milano più di cinquanta opere, dall’Università Cattolica al più famoso Palazzo della Triennale.

“Pazza o squinternata fantasia di architetto”

In questa occasione il giovane architetto si trovò a dover rielaborare un progetto esistente, ma non gradito alla committenza, in un’area di grandi dimensioni. Egli propose, in alternativa ad un più tradizionale edificio unico con quattro cortili interni, un complesso costituito da due corpi di fabbrica distinti: il primo a corte chiusa ed il secondo in linea, separati da una via privata ma uniti da un elemento di collegamento ad arco.

Il nome Ca’ Brütta, da leggersi con marcato accento lombardo, deriva dalle aspre critiche ricevute dalla borghesia e dalla stampa dell’epoca, che la definirono una “pazza o squinternata fantasia di architetto” e addirittura “torva, scontrosa, inamabile”. Infatti, nonostante il ricorso a motivi apparentemente classici, il palazzo mostrava un nuovo e rigoroso linguaggio che si scontrava con i canoni estetici (prevalentemente Liberty) dell’epoca. La costruzione di cemento armato fu ritenuta poco affidabile così come anche il montacarichi, su modello americano, che portava le auto al primo garage sotterraneo milanese.

La riscoperta

Per altri invece la Ca’ Brütta “rimestò le acque, aprendo nuovi orizzonti” applicando all’architettura ciò che già stava accadendo nell’arte, testimoniando il legame di Muzio con l’ambiente artistico e Metafisico milanese di Carlo Carrà e Mario Sironi. In seguito, piacque molto anche al fotografo Gabriele Basilico, che le dedicò molti dei suoi scatti in bianco e nero.

Con le sue dimensioni fuoriscala l’edificio ancora oggi segna profondamente il tessuto urbano diventando manifesto di una visione unitaria tra edificio e città e del principio a cui Muzio resterà sempre fedele: non c’è architettura senza urbanistica.

Recentemente un restauro ha riportato alla luce i materiali (travertino al livello inferiore, cemento a quello intermedio, stucco vicentino con calce viva e marmi nella parte superiore) e i decori originali, riscoprendo anche il gioco geometrico di decori e trompe l’oeil studiati per disorientare e colpire il passante.

Trattandosi di un palazzo privato, difficilmente riuscirete ad entrare. Vi invito però a passeggiare intorno ai due edifici, guardando in alto verso i terrazzi e le facciate splendenti e un tempo così radicali da suscitare una indignazione tale da accompagnare ancora oggi il complesso.

Colonna sonora: “Beautiful”, Christina Aguilera, 2002


All images © 2019 Giulia Luppino