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Vivai Calvanese | Tra incanto e decadenza a via Foria

Alessandra Mustilli Pubblicato il 14 Aprile 2021

Lucia di Parma

Più conosco gli uomini, più amo le piante
Rita Stern Calabrese, 1936 circa

Se dovessi scegliere una sola caratteristica che fa di me ciò che sono, non esiterei un istante a rispondere: la curiosità, una smania infinita di esplorare che mi ha regalato le scoperte più memorabili della vita. È questo impulso incontrollabile che mi fa scrutare in tutti gli androni dei palazzi in cui mi imbatto, ma non potevo certo immaginare quanta inusuale e decadente bellezza celasse il civico 234 di via Foria, una delle strade più rumorose e trafficate della città.

Eppure mi basta un solo sguardo per innamorarmi follemente del Vivaio Calvanese. 

Vivai Calvanese
via Foria 234 | Napoli
Giuseppe +393683067811

Orari di apertura (su appuntamento) | Lun – Sab: 08 – 17

Varcato l’atrio del palazzo settecentesco, e salita una piccola rampa di scale, vengo proiettata in un’atmosfera onirica.

Ad accogliermi trovo Giuseppe Calvanese, giardiniere appassionato che ha rilevato l’antico Stabilimento Botanico Calabrese fondato nel 1864 e che oggi si dedica alla cura e alla vendita di piante delle più svariate tipologie. Dopo i convenevoli, Giuseppe mi dà il via libera per perlustrare l’area, ed io, che ho sempre sguazzato tra botanica e nostalgia del passato, comincio a pensare che questo sia il tassello che mi è sempre mancato per completare il mio già vivido orgoglio partenopeo.

Un’oasi di pace tra i palazzi

Il vivaio è un inaspettato polmone verde cinto dagli alti fabbricati. Abitato da una vivace colonia felina, che mi accompagnerà per tutta la visita, custodisce ben nove serre originali, vasche d’acqua e un suggestivo pozzo. Lo studio di Rita Stern, nuora tedesca del fondatore Francesco Paolo Calabrese, è una stanza ferma nel tempo che mi ricorda subito una wunderkammer, ricolma com’è di dipinti, vecchi vinili, prezzari e targhe di inizio Novecento, souvenir, ricami a punto croce, fotografie di famiglia e di luoghi ormai scomparsi (come la vecchia sede dell’Hotel Continental e la Birreria Bavaria situata di fronte il teatro San Carlo) e ricordi legati alle sue amicizie con personaggi celebri (tra cui Edoardo De Filippo e Pupella Maggio, frequentatori celebri di quest’oasi di pace tra i palazzi). Merito della Stern anche le innumerevoli riggiole scelte e posizionate nell’intero giardino, tutte con proverbi e aforismi a tema “botanico”, tra cui spicca la frase “noi giardinieri siamo gli ultimi romantici”.

La Kaffeehaus e il lavoro di Antonella Raio

In questo scrigno magico la sorpresa più grande è la Kaffeehaus, un piccolo edificio dalle ampie vetrate colorate e su cui si arrampica una scala a chiocciola liberty. L’antico caffè letterario è oggi lo studio/laboratorio di Antonella Raio, artista eclettica fautrice della convivenza fra arte e natura. 

Antonella Raio | Sito

Ho la fortuna di fare un po’ di chiacchiere con lei: mi spiega, mostrandomi i lavori in corso, che presto lo studio si sposterà in una delle serre, e che in futuro altri artisti e collettivi potranno utilizzare gli spazi che diverranno a tutti gli effetti un hub creativo, crocevia di talenti in connubio con l’ambiente.

Le opere della Raio, infatti, oltre a coinvolgere i visitatori con la loro interattività, dialogano e si sposano con l’unicità del luogo, alla ricerca di un percorso parallelo e condiviso, che coincide anche con l’ultima tappa della mia pausa dalla frenesia urbana. 

Sazia dell’inventiva di Antonella, torno da Giuseppe, che adesso è in compagnia del fidato amico Salvatore e dell’affettuosissima Luna. Mi chiedono una foto e non posso esimermi dal regalargli un’istantanea, in perfetta armonia col fascino retrò del luogo.

Saluto non prima di assicurarmi un po’ di Vivaio Calvanese a casa mia, scegliendo con cura una tillandsia che cattura la mia attenzione in mezzo alle molte meraviglie, e vado via con la certezza di aver aggiunto una perla, scoperta per caso, ai miei posti del cuore.


All images 2021 © Lucia di Parma