Quando torno da un viaggio e per la prima volta mi ritrovo a girare Torino, quello che penso più spesso è quanto vorrei guardarla con gli occhi di chi la vede per la prima volta. Non riconoscerne le vie e stupirmi a scoprire un palazzo o un’angolazione. Questo desiderio inavverabile mi è sembrato un po’ più vicino da toccare quando ho aperto la mappa di Open House, con le sue 111 abitazioni private visitabili per il weekend.
Luca Ballarini – colui che ha avuto la visione e ha creato il gruppo di progetto – la guarda con la soddisfazione di chi è riuscito a realizzare un sogno. Ha avuto il merito di capire che dopo Roma e Milano, anche Torino aveva qualcosa da esibire e da dire, agli stranieri ed a torinesissimi estranei, turisti della stessa città. Non per vanto, ma per condivisione.
Ci siamo fatti una chiaccherata nel loft dello stabilimento industriale che oggi ospita il suo studio, Bellissimo. In una zona ai più sconosciuta, è avvolto dal fascino decadente e silenzioso dell’ex scalo Vanchiglia. Non anticipo perché è uno dei quadratini della mappa, ma da quando sono entrata ho avuto la sensazione di respirare un’atmosfera. Ci sediamo.
Ci siamo fatti una chiaccherata nel loft dello stabilimento industriale che oggi ospita il suo studio, Bellissimo. In una zona ai più sconosciuta, è avvolto dal fascino decadente e silenzioso dell’ex scalo Vanchiglia. Non anticipo perché è uno dei quadratini della mappa, ma da quando sono entrata ho avuto la sensazione di respirare un’atmosfera. Ci sediamo.
Quella di Open House è una di quelle storie con l’uomo giusto nel posto giusto. Luca dirige uno studio di progettazione che, per immagini e simboli, ha comunicato negli anni il design, l’architettura e i brand in modo evocativo, senza scadere mai nella banalità commerciale. Da qualche anno ha provato ad applicare questa visione a Torino per contribuire a delineare la sua identità. Se una città deve conoscersi per raccontarsi, allora deve anche aprirsi.
Tutta in un foglio 70×50. Dalla collina ai confini della periferia. Quartiere dopo quartiere decine di appartamenti, palazzine, attici e grattacieli diventeranno spazi aperti e pubblici; le strade che li collegano creeranno percorsi lontani dalla maggior parte dei nostri “casa-lavoro-casa”.
Per tutte le volte che, accorgendoci di un terrazzo pazzesco o sbirciando in un ingresso, abbiamo pensato chissà chi ci vive o come sarà la vista dall’ultimo piano, ci toglieremo lo sfizio di cambiare prospettiva, in zone che forse non ci hanno neanche mai visto.
Questo weekend proteggersi e chiudersi non sarà la conseguenza necessaria; non ci limiteremo a visitare spazi e osservare oggetti impersonali, ci incontreremo e sbirceremo un po’ nelle vite degli altri, solo per un attimo, prima di tornare alla nostra.