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OroMonferrato: lì dove le vigne luccicano

Monica Pianosi Pubblicato il 18 Luglio 2022
oro monferrato

Il Monferrato ha questo dono incredibile di dilatare il tempo. Arrivi, inizi una visita, ti siedi per pranzo, bevi un bicchiere di vino e ti ritrovi come per magia a tornare a casa a notte fonda, senza che tu ti sia resa conto di dove quel tempo sia andato. Se ne è andato fra chiacchiere e vino, tra racconti di vita e confessioni tra contadini, fra mani sporche e l’accoglienza più calda del Piemonte. Perchè nessuno te lo dice che il Monferrato sia così accogliente, finché non ci arrivi e non tocchi con mano la voglia di raccontare e di tagliarti quella fetta di salame. Venite con me, andiamo alla scoperta del progetto OroMonferrato e della voglia dei Monferrini di farsi conoscere.

OroMonferrato
Ente Turismo Langhe Monferrato Roero
Piazza Risorgimento, 2 – 12051 ALBA (CN)

Sito | Visit Piemonte | Visit LMR

Prossimi incontri:
Sabato 23 luglio | Castello di Frinco – ore 18.30 – Il vero lusso passa dal tempo e dalla cultura di un territorio
Sabato 30 luglio | Cocconato – ore 18.30 – Le storie dei luoghi del Gusto e dei prodotti di OroMonferrato
Prenotazioni qui

Alla scoperta del Monferrato Alto Astigiano

Il territorio del Monferrato è vario e variegato. C’è l’Alessandrino con i suoi borghi arroccati e il Grignolino. Ci sono i Colli Tortonesi dove nasce il Timorasso. C’è l’Astigiano dove voglio portarvi oggi terra di tartufo e dai paesaggi gentili, terra natale del Ruchè e di architetture romaniche. Il progetto OroMonferrato nasce dall’idea di dare visibilità e suggerire come nuova destinazione turistica questa area di 47 Comuni che va dal Moncalvese alla Valle Versa, ricco di importanti tracce storiche e culturali del Paleontologico e del Romanico e di prodotti di eccellenza gastronomica. Da Albugnano (con la splendida abbazia romanico-gotica di Santa Maria di Vezzolano) a Cocconato (uno dei Borghi piemontesi più belli d’Italia), da Castagnole Monferrato (con le vigne del Ruchè) e fino a Castelnuovo Don Bosco (luogo natio del celebre santo sociale fondatore dei Salesiani) e a Penango (sede di un ristorante stella Michelin), quello del Nord Astigiano è un territorio colmo di attrattive, legato al tartufo estivo e al tartufo bianco e immerso in paesaggi di dolci colline e boschi.

Una giornata a Castagnole Monferrato

Abbiamo avuto la fortuna di scoprire questo progetto e le persone che ne fanno parte nella prima giornata inaugurale degli incontri di OroMonferrato, sabato 16 luglio. Arrivati a Castagnole Monferrato siamo subito stati accolti da una merenda spezzafame del mattino a base di Ruchè, grissini e salame all’Agriturismo La Miraja.

Veloce spostamento in direzione campagna e tartufaia per un’esperienza di ricerca del tartufo nero con il trifulau Paolo Carretto. Io a cercare il tartufo non c’ero mai stata e… non pensavo che potesse essere un’esperienza così interessante. Paolo e il figlio Federico ci hanno raccontato di come si prendono cura dei boschi insieme alla loro associazione di tartufai. Sono rimasta affascinata dai loro racconti sulle radici degli alberi e dai cani che si mettevano alla ricerca. Dai racconti delle levatacce alle 7 del mattino per raccogliere i tartufi migliori, ma soprattutto dalla consapevolezza di un rapporto stretto con la sua campagna, con la natura.

“Se non ci prendiamo cura noi dei nostri boschi chi se ne prenderà cura?”

E lo so che per Paolo questi boschi non hanno valore solo in quanto boschi e quindi essere viventi che ci aiutano a respirare e a mantenere le temperatura più accettabili, ma che hanno un valore economico vero e reale dovuto all’attività di tartufai. Ma non è da tutti riconoscerlo. E soprattutto, non è da tutti voler fare qualcosa per cambiare (o almeno mantenere) la situazione.

Pranzo a base di tajarin al Relais Il Borgo a Cioccaro di Penango e poi era già ora di dirigerci verso la prossima destinazione. Si ritorna a Castagnole Monferrato ospiti di Ferraris Agricola, azienda agricola che ha fatto del Ruchè la propria missione e il proprio stile di vita.

È proprio Luca Ferraris ad accoglierci. Proprietario e ri-fondatore dell’azienda ereditata dal nonno e che ha saltato una generazione. Un’azienda quella Ferraris vocata al Ruchè fin dall’inizio e che ha da poco compiuto 100 anni. Luca l’ha resa il punto di riferimento nel mondo del Ruchè proprio per la sua passione. E Castagnole Monferrato rivendica fieramente la sua appartenenza a quello che fu per sette secoli un piccolo stato, fin dal Medioevo celebrato per la produzione di vini pregiati. Il Ruchè di Castagnole Monferrato è una piccola DOCG, si estende su sette comuni astigiani: Castagnole Monferrato, Montemagno, Viarigi, Refrancore, Scurzolengo, Portacomaro e Grana. La storia della scoperta del Ruchè è romantica e inaspettata, ma magari ve la raccontiamo in un altro articolo. Da Luca Ferraris abbiamo fatto una degustazione verticale di 6 Ruchè, ma anche questa è una storia troppo bella e troppo lunga per rimanere qui.

Dopo la verticale di Ruchè siamo poi tornati alla Tenuta La Mercantile per l’incontro che era il tema centrale della giornata.

Queer food, l’identità come occasione

Sul palco personalità diverse, espressione del territorio o meno, imprensitori, sindaci, atleti, giornalisti e chef per raccontare e raccontarci che cosa significa Queer food per loro e cosa significa queer food per questa parte di Monferrato. Luca Ferrua, direttore de ilgusto.it, dialoga con gli chef Cristina Bowerman, stella Michelin al Glass Hostaria di Roma, e Davide Palluda, stella Michelin del ristorante All’Enoteca di Canale. Poi Dario Silvestri, imprenditore e specialista della performance e il pugile di Asti Etinosa Oliha, campione italiano dei pesi medi.

Cosa significa queer food?

Partiamo subito da cosa NON significa. Non c’entra nulla con unicorni e arcobaleni e non corrisponde al piatto nazionale della comunità LGBTQ+. Il queer food ha la stessa essenza di coloro che non si riconoscono in un’alterità di genere o di orientamento sessuale rispetto alla “norma” (o presunta norma) binaria ed eterosessuale. Per definire Queer Food dobbiamo prima capire bene che cosa significa queer. Queer è un aggettivo che qualifica tutto ciò che differisce dall’usuale, dal consueto e dal normale e significa perciò strano, bizzarro, eccentrico, non convenzionale (ed ecco che immediatamente mi sento anche io molto queer). Questo termine però negli anni Ottanta viene utilizzato come un insulto per identificare l’attrazione per persone dello stesso sesso. Negli ultimi anni invece è proprio la comunità non convenzionale a riappropriarsi di questa parola e farne bandiera di una diversità di cui andare fieri, contro l’emarginazione.

Il queer food quindi valorizza per prima cosa le persone che quel cibo lo fanno e lo producono; non più nascoste, emarginate e maltrattate, ma accettate, valorizzate, protagoniste di una regola non scritta in cui il maschilismo e il sessismo la fanno ancora da padrone. “Il cibo è diventato una metafora attraverso cui la queer community ha trovato una certa comunanza, cercato visibilità, sostenuto la diversità e incoraggiato l’attivismo”, si legge su un articolo del New York Times dedicato al queer food.

Così per cibo queer si intende cibo che accoglie tutti gli ingredienti, che esalta le materie prime e le varianti fusion (o vegetali) senza limiti e pregiudizi. E così del queer food si fa portavoce Davide Palluda quando ci racconta che adora andare nei ristoranti etnici perchè ritrova sempre delle ispirazioni, dei profumi, delle contaminazioni che poi fa dialogare con i suoi piatti ancestrali. O il modo di utilizzare gli ingredienti di Cristina Bowerman, vero legame tra tradizione e innovazione. Perchè in un piatto l’ingrediente non cambia, ma a cambiare è quello che di quell’ingrediente fai.

Il cibo queer è un cibo che resiste agli stereotipi, rimanendo fedele alla propria natura. Un mezzo simbolico e concreto per trasmettere un messaggio nuovo, quello della realizzazione di sé e dei propri diritti. E allora non esiste niente di più queer del Monferrato, ostinatamente tenace e capace di mantenere la propria identità al di là delle tendenze e delle mode degli ultimi anni che lo vorrebbero più aperto, più piacione, più ammiccante. Ma a noi piace così, ribelle e pieno di contraddizioni. Una roba da colpo al cuore e da limone al primo appuntamento (come racconta Laura qui). E da oggi ho una nuova missione: parlare del Monferrato senza nominare l’eterna rivale.

Questo viaggio nel mondo queer e nelle definizioni mi hanno fatto ancora di più assaporare (a posteriori) l’incontro di sabato scorso. Con un piccolo rammarico però. Forse, allora, mi sarebbe piaciuto vedere sul palco qualche personalità differente in più. E qualcuno che introducesse e spiegasse il tema. Non sono sicura che tutti abbiano colto la profondità di questo racconto.

A presto Monferrato. Torneremo a trovarti!
Se anche voi vi siete innamorati, trovate tutti i nostri posti del cuore in Monferrato qui.


All images @ 2022 Fabio Rovere

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