“Nobile semplicità e quieta grandezza”, questo è via Margutta per lo storico dell’arte Winkelmann. Per me è semplicemente il rifugio tranquillo dal caos capitolino, un passaggio fuori dalla folla a contatto con l’arte e la storia. Nonostante la vicinanza con via del Corso, piazza di Spagna e piazza del Popolo, via Margutta si differenzia da questi luoghi, infatti ha una dimensione umana, con una calma che ne fa apprezzare ogni dettaglio. Pochissime macchine, qualche bicicletta e un placido vociare sono i miei compagni di viaggio passeggiando per questa stradina del centro di Roma. Quando vado a via Margutta non è mai per caso, scelgo di passarci per godermi una “Roma Sparita” a metà tra La Dolce Vita e il neorealismo.

Un caleidoscopio fuori dal tempo
In Via Margutta ho l’impressione di non essere nel centro di Roma, ma di percorrere la strada di un bel borgo. Oppure, grazie alla presenza di botteghe e negozi d’antiquariato, di essere addirittura in un’altra epoca! Non importa se passata o futura: perché se i laboratori artigiani mi riportano a un passato che altrove sembra scomparso del tutto, la presenza di gallerie d’arte mi ricorda che questa è la via degli artisti. Con la street art che qui pure trova spazio, mi proietta nel futuro, insieme ai negozi di design. Più che una via è un caleidoscopio che mostra una città con diverse anime che possono coesistere in perfetta armonia.
Una stradina dall’anima popolare
In principio, via Margutta non aveva la nobiltà che ha acquisito nel tempo. Prima non c’erano gallerie d’arte, né atelier o negozi ricercati, ma stalle e orti. Questa era una via anonima, parallela della ben più blasonata via del Babuino, per la quale fungeva da magazzino e da area di sosta per le carrozze nel retro dei palazzi nobiliari. Poi, un giorno: un ignoto artista vi stabilì il suo studio: potremmo considerarlo precursore degli odierni influencer dal momento che molti altri artisti lo imitarono. La via iniziò a riempirsi di pittori e scultori, iniziando a interessare anche chi non aveva mai considerato prima degno di interesse questo viottolo. Monsignor Francesco Saverio de Mérode, uomo chiave nell’urbanizzazione di Roma dopo l’unità d’Italia, contribuì allo sviluppo della via con l’edificazione di nuovi palazzi e di un efficiente sistema fognario.
Arti, artigiani e…
Da De Chirico a Picasso, passando per Fellini: nel corso del tempo, sono stati molti gli artisti e i nomi illustri che hanno soggiornato in via Margutta o, semplicemente che vi hanno trovato ispirazione. Jean Cocteau addirittura diceva: “abitiamo nel paradiso terrestre” descrivendo il suo soggiorno qui in una lettera alla madre. La via è legata a un’immagine di Roma un po’ stereotipata, fatta di ritmi lenti, sampietrini, fontane e palazzi coperti di rampicanti, che hanno sia i romani, sia i turisti. Un’immagine comunque magnetica che faceva dire a Renato Rascel “voglio ritornare a via Margutta…” cantando Arrivederci Roma e ispirava Luca Barbarossa nella canzone intitolata proprio come questa stradina.
… una varietà verace
Tra una galleria d’arte e un antiquario, si incontrano un marmoraro e un corniciaio che sanno d’altri tempi e ristoranti di livello. Alcuni boutique hotel e qualche negozio di abbigliamento. Ad osservare il tranquillo incedere dei passanti, la fontana delle arti di Pietro Lombardi, con le sue maschere a simboleggiare l’alternanza di periodi felici e tristi nella vita di un artista e “nell’ombra” anche un volto femminile dipinto da Antonio Tamburro, scruta ciò che accade nella via. È proprio vero, come scriveva Carlo Cassola: “Via Margutta è una strada tranquilla. Ci passa solo chi ci deve andare.”
all images ©2019 Diego Funaro